Il monito di Caffarra: «Bologna diventi un laboratorio della sussidiarietà»

L’omelia per San Petronio
Il cardinale: «Il momento è difficile: è richiesto un vero e profondo cambiamento culturale e di mentalità». E sul degrado: «Lode a chi si è impegnato a pulire»

Bologna, 4 ottobre 2011 – AVEVA promesso un messaggio forte. Fortissimo. L’ha dato. Il cardinale Carlo Caffarra scuote la città con l’omelia per San Petronio e lo fa indicando tre parole chiavi: «degrado», «amicizia» e «sussidiarietà». Degrado perché non esiste più, nel cuore dei bolognesi, «quell’amore per la città che non consente che sia sfregiata e deturpata nella sua bellezza». Caffarra dice che Bologna «è ridotta a un degrado tale, quale forse non ha mai conosciuto nella sua storia recente». Sporcizia e conseguente degrado, afferma l’arcivescovo, «sono il segno di un disinteresse per la propria città; più profondamente, di estraneità al bene comune. Ma non posso non compiacermi e non lodare quanti nei mesi scorsi si sono impegnati perché potessimo vivere in una città semplicemente più pulita». Un messaggio che arriva diritto al cuore dei bolognesi che, con l’impegno quotidiano (e il Carlino lo ha dimostrato, seguendoli e coordinandoli passo passo), hanno dimostrato che un’altra città è possibile.

«AMICIZIA» si abbina all’aggettivo civile: «E’ la consapevolezza che ciascuno di noi è originariamente relazionato agli altri». Ma «amicizia civile» è concetto sbranato dal «dramma che anche la nostra città sta attraversando». Per Caffarra «la corruzione che ha subito l’idea e l’esperienza di libertà è stato ed è il principale fattore di mortificazione dell’amicizia civile, anche nella nostra città». Così, certamente «la municipalità – così come le altre istituzioni pubbliche – non è in grado di far rifiorire l’amicizia civile».

IL COMUNE da solo non può andare da nessuna parte e allora ecco che il cardinale scava attorno al termine «sussidiarietà»: «La conversione culturale, la trasformazione di mentalità ha un nome: si chiama sussidiarietà». Se questa conversione accade, spiega l’arcivescovo, «è l’architettura stessa della nostra cittadinanza, della nostra civile convivenza, che cambia profondamente. Non abbiamo forse il diritto di sperare che Bologna possa diventare un vero laboratorio sociale della sussidiarietà?». Sussidiarietà significa «mettere assieme sui contenuti essenziali del medesimo bene municipalità, imprese, e la società civile organizzata nel cosiddetto terzo settore». Questo con la prospettiva di istituire un «Consiglio permanente per la sussidiarietà». Ma sussidiarietà significa anche «abbandonare definitivamente due pregiudizi», ovvero «la contrapposizione tra pubblico e privato» e il fatto che «imprese, società civile» possono diventare «semplicemente funzionali all’amministrazione, alla sua programmazione ed organizzazione».

E’ QUESTO il regalo che il cardinale lascia ai bolognesi nell”ultimo’ San Petronio: «la nostra città non può rassegnarsi a gestire l’eredità passata», serve invece un ragionamento sui beni della collettività che aiuti a formarsi le future generazioni.

Valerio Baroncini

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