2 – LA RISPOSTA DI RENATO FARINA

martedì 26 marzo 2013 – Renato Farina

Caro Magdi Cristiano, fratello mio,

mi spiace, mi spiace tanto per la tua decisione di abbandonare la Chiesa cattolica.

Per te, e per me. Sono combattuto tra il dire: è colpa mia (ma non esageriamo, non sono così importante, è la solita superbia).

O constatare: è la tua libertà, la tua scelta, e nessuno può entrare nel crepuscolo di una coscienza, pur amica, credendo di poterla trattenere. Poi però ho pensato che c’è un terzo tra l’io e il tu, ed è un’altra Presenza, un Protagonista presente, ed io credo che troverà il modo di farsi presto vivo con te, inducendoti a guardare le cose come sono, e che cosa sia il mistero della Chiesa, sanata e però con il vestito macchiato di meschinità e tradimenti.

Ce l’eravamo detti. Non siamo cattolici perché siamo perfetti, ma perché qualcuno ci ha preso per i capelli, ci ha introdotto in una famiglia dove anche quando siamo cattivi, c’è però tra noi Dio fatto uomo. Non solo il suo insegnamento, ma proprio Lui, attraverso il segno a volte infame dei suoi. Non mi assolvo. Ma non mi interessa assolvermi.

Di certo ho inteso quanto hai scritto su “Il Giornale” come una lettera (anche) a me.

Io infatti c’entro con quella che è stata la tua conversione: sono uno dei cristiani cattolici in cui sei inciampato nella tua ricerca.

Ed allora per forza devo avere a che fare con la ri-conversione, o non so come diavolo chiamarla. Se sono stato un testimone prima, devo per forza aver fornito una contro-testimonianza poi. Magari soltanto per assenza, omissione. Forse ho inseguito in esclusiva i miei guai, limitandomi a scorgere con simpatia le tue avventure politiche da lontano.

Ti chiedo perdono per questo. Ricordo tutto. La tua conversione, il tuo battesimo, le tue nozze cattoliche con Valentina, della quale sono stato testimone. Ho in mente tutto, mi scorre tutto davanti come in un film. Hai rievocato in un libro la prima volta che ci vedemmo a pranzo. Quasi una comica. Con la mia solita sbadataggine ti avevo invitato in un ristorante a un passo dalla moschea di viale Jenner a Milano. Per giunta di venerdì, e proprio nei giorni in cui avevi rivelato sul “Corriere della Sera” che cosa si celasse lì dentro.

Quando ricevesti poi l’Ambrogino d’oro, e mangiammo pesce insieme per festeggiare, ne sorridemmo. Capivo che ti stava accadendo qualcosa dentro un’amicizia profonda.

Capivo, ma non osavo neanche dirmelo, tanto pareva impossibile e persino sconsigliabile.

Un musulmano famosissimo in Italia e nel mondo, odiato da tanti correligionari perché amante del primato sacro della vita e della libertà, fiero avversario di qualsiasi fondamentalismo, accusato per questo di connivenza con il nemico cristiano, condannato a morte per le sue denunce, blindato in una scorta asfissiante.

Mancava solo farsi cristiano per rovinarsi del tutto e perdere il piedistallo di essere uno strano musulmano.

Avvertivo in te una incompiutezza desiderante; una specie di santa invidia per quelli che, come gli amici di Comunione e Liberazione che avevi incontrato, tra cui io, erano stati afferrati, indegnamente, dalla persona di Cristo, con il Suo metodo, che è quello di farsi presente in una compagnia di uomini e donne senza merito salvo l’essere stati miracolati da un incontro magnifico.

La tua conversione ti ha reso oggetto di attacchi infami. E nello stesso tempo ti ha “normalizzato” per così dire. Da musulmano strano sei diventato un comune cattolico, per di più con il marchio di chi richiama i cattolici alla loro identità incandescente. Hai scritto un libro bellissimo su Gesù. Questo l’ho bene in mente. E vedo nelle foto e nei filmati che beffardamente vengono fatti girare, la scena del tuo Battesimo, il tuo capo chinato, l’acqua versata sui tuoi capelli dal Papa. Rileggo il tuo articolo, e non trovo ora la forza di rispondere agli argomenti eterogenei e contraddittori da te addotti per abbandonare la Chiesa.

Potevi persino essere più cattivo su alcune questioni, secondo me. Ma non è questo il punto.

Non è la dialettica che può farti decidere di riabbracciare Tua Madre (la Santa Chiesa però ti aspetta sempre; hai in mente il quadro di Rembrandt del Padre misericordioso?). Essere cristiani non è la sintesi personale di idee più o meno forti attinte dal Vangelo.

Tu ami Gesù, lo hai dichiarato ancora oggi e io ci credo.

Ti chiedo di ricordare la tua invidia allorché scoccò in te il fuoco d’amore per il Signore, e lo vedesti non prigioniero di belle pagine sacre, ma nel volto dei tuoi amici, meschini e traditori, omissivi e un po’ vili, ma fratelli. Senza di loro Cristo sarebbe un libro, una specie di Corano occidentale.

Invece Gesù non solo era Dio fatto uomo, ma lo è.

Questa è la fede della Chiesa, a cui tu dicesti un sì nel Battesimo. Secondo me sei solo uscito un attimo.

Fonte: http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2013/3/26/LETTERA-A-MAGDI-ALLAM-Farina-fratello-mio-la-Chiesa-e-amore-a-Gesu-non-a-un-idea/377035/

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